Finanziamenti al cinema: come funzionano

L’ennesima nota dolente della cultura italiana è il funzionamento dei finanziamenti al cinema, cosa che evidentemente non ne garantisce la quantità né la qualità.

I finanziamenti al cinema sono stati istituiti comeincentivo alle opere prime e sostegno per gli esordienti ma grazie all’inserimento dell’opzione “Progetto di interesse culturale” in realtà risultano averne diritto, o perlomeno avere possibilità di candidarsi per la selezione, tutti coloro che operano nel settore. Inoltre con le modifiche apportate nel2004, dall’allora ministro Urbani, un punteggio maggiore va a chi ha già dei successi alle spalle e a chi dimostra di avere copertura per la rimanente parte del 50% non garantito dal finanziamento. Ma in questo modo non si penalizzano i produttori indipendenti e gli esordienti?

La scelta di incentivare coloro che sbancano al botteghino e che saranno poi ulteriormente favoriti nei premi assegnati proprio in virtù delle vendite effettuate ha generato diverse polemiche. Nel Decreto Urbani in realtà si parla anche di coloro che hanno già ottenuto Premi e Riconoscimenti vari per lavori precedenti. Non si sarà trattato della soluzione perfetta ma è comunque stato un tentativo per cercare di arginare il fiume di soldi pubblici, si parla per il 2014 di 187 milioni di euro, che vanno a finanziare progetti cinematografici mai realizzati o poco visti o dichiarati veri e propri flop. Potremmo anche dare per valida la teoria secondo cui il cinema italiano non produce più i bei film di una volta ma dobbiamo anche ammettere che quelle poche pellicole di qualità che vengono effettivamente realizzate crollano al momento dell’impatto con il pubblico, che sembra preferire i trash-film e questo non è certo colpa dei finanziamenti o dei finanziatori.

Sul sito del MIBACT, nella sezione Direzione generale per il Cinema, sono elencate tutte le modalità, i requisiti e le possibilità relative ai finanziamenti ai Progetti cinematografici. Negli anni gli scandali non sono mancati come le polemiche d’altronde: per i destinatari dei fondi, per i membri delle commissioni destinate alla scelta, per la mole di finanziamenti che anche se non sono a fondo perduto in realtà ritornano al mittente solo in piccolissima parte.

Viene quasi naturale chiedersi se sia necessario continuare a sovvenzionare decine e decine di progetti cinematografici, impiegando milioni e milioni di soldi pubblici quando ad  altri settori della Cultura viene destinata una liquidità molto inferiore. Continuare a farlo avrebbe senso in un Paese economicamente forte, stabile, nel quale i bisogni fondamentali sono realmente e in toto garantiti a tutti i cittadini e solo allora si potrebbe pensare di destinare il superfluo a ulteriori attività. Non tagliare fondi per Sanità, Istruzione, Pensioni e mantenere finanziamenti così elevati per Progetti cinematografici di interesse culturale che poi nella realtà vanno a supportare anche i cine-panettoni.

Il fulcro della questione non è tanto il funzionamento attuale dei finanziamenti al cinema quanto il come e il se dovranno continuare per il futuro in virtù anche del fatto che sono già realtà case di produzione cinematografica italiane indipendenti che non usufruiscono di soldi pubblici e producono egualmente progetti di qualità. Inoltre coloro che intendono portare avanti un progetto anche cinematografico possono provare a creare un crowdfunding, magari internazionale visto che uno dei limiti che più si rimprovera alMIBACT è proprio quello di richiedere produzioni in lingua italiana con significative ripercussioni limitative nella immissione e diffusione sul mercato.

In sintesi rappresentano l’ennesimo punto oscuro della Cultura italiana i finanziamenti al cinema e non solo per il loro funzionamento.

Autore: Irma Loredana Galgano

http://www.sulromanzo.it

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Nuovi format per la TV del futuro

Il tema individua in sostanza il fatto che ormai esistono alcuni format televisivi emergenti nel mondo delle TV digitali (satellitari, via cavo…) e ci spinge sicuramente ad interpretare quali caratteristiche[…] Il tema individua in sostanza il fatto che ormai esistono alcuni format televisivi emergenti nel mondo delle TV digitali (satellitari, via cavo…) e ci spinge sicuramente ad interpretare quali caratteristiche essi devono avere per intercettare un target di ‘spettatori’ sempre più segmentato e distante dalla pubblicità tradizionale. Iniziamo dai nuovi modelli di pubblicità per la televisione. Ci sono alcune tendenze già in atto da tempo e che in questo periodo stanno per esplodere diventando potenzialmente quindi delle case history. Nascono quindi nuovi modelli di pubblicità e di business per la televisione digitale. Qualcosa di importante sta per accadere nei prossimi mesi nel panorama delle televisioni digitali. I principali trend di cambiamento per l’industria televisiva stanno arrivano, alcuni pionieri li stanno già implementando nei loro modelli di business, tv digitali di nuova generazione manageriale. Possiamo individuare quindi alcune tendenze in atto. In primo luogo quella che sancisce l’inizio dell’era dell’on demand con la fine del palinsesto come tradizionalmente pensato e costruito. Gli utenti telespettatori sono al centro del sistema televisivo che sposa una logica di consumer centric finalmente. Le scelte di visione cadono sulla responsabilità degli utenti. Nuove opportunità di visione sono offerte dai contenuti fruiti in modalità on demand, disponibili ad esempio sulla broadband tv, che imporranno un ripensamento ai palinsesti oggi costruiti in modo troppo rigido. Già alcune tv digitali, anche italiane tra cui la start up VeniceChannel, di nuova generazione si stanno posizionando anche su questo trend. In secodo luogo, la community television diventa anch’essa una tendenza. Le tecnologie come quelle ad esempio del peer to peer hanno spopolato nella musica (ricordiamo Napster, Shareaza, Gnutella ecc. e tanti progetti opesource quindi). Anche nel settore video-televisivo si stanno ampliando le sottoscrizioni a comunità e strumenti di questo tipo: passiamo da Online TV Player (visto il mese scorso) a Cool Streaming ecc. Costoro consentirebbero quindi la fruizione gratuita in rete di contenuti televisivi in modalità peer to peer. Da sperimentare, soprattutto perché ogni volta che si parla di community si arriva sempre a parlare poi di blog: non ci sono solo i blog dedicati ai temi del viaggio, delle relazioni personali, ecc. ma anche i videoblog, l’altra faccia quindi del peer to peer che riguarda lo sviluppo di contenuti prodotti dagli stessi utenti. Un esempio può essere l’inglese Channel Four che sta lavorando su un progetto di broadband tv che farà largo uso di contenuti prodotti dagli stessi spettatori. Lo spauracchio della pirateria? Questa si dovrà combattere non nelle sale dei tribunali bensì attraverso la costruzione di un’offerta che renda l’acquisto di contenuti digitali più facile e conveniente rispetto al download illegale: cosa su cui ben pochi hanno voluto investire. Altra tendenza riguarda infine la messa in discussione del valore del prime time. Tutti oggi hanno la possibilità di vedere i programmi televisivi quando e dove vogliono. Si parla quindi di un’orizzonte denominato event tv e di tv interattiva come modalità per ridefinire il ruolo del palinsesto come strumento strategico di aggregazione dell’audience. Tali macrorend stanno mettendo in crisi i modelli di pubblicità basati sull’interruzione dei programmi e sulla ripetizione del messaggio. Il branded entertainment può essere un modo per trovare nuove forme di finanziamento dei programmi tv, fornire maggior valore agli spettatori e offrire agli investitori pubblicitari un’alternativa agli spot ed alle telepromozioni. Stiamo delineando quindi l’insieme delle modalità per coinvolgere gli spettatori in molteplici modi utilizzando internet, tv, radio e tutti i media ritenuti più adatti allo scopo. Si tratta quindi di una pubblcità che non interrompe il processo narrativo e per questo più efficace di uno spot pubblicitario. L’embeded branding in cui un un brand viene coerentemente inserito in un programma, può costituire maggiore efficacia. L’obiettivo è di portare un brand nella vita dei propri pubblici attravero un contenuto a loro gradito. I pubblicitari non si devono quindi limitare ad una sponsorizzazione passiva, ma partecipare attivamente nel processo di ideazione del programma televisivo. Quindi parliamo ancora una volta di co-progettazione di prodotti-contenuti per far sì che possano essere il più graditi possibili. Se i consumatori guardano sempre meno pubblicità è necessario percorrere nuove strade e definire nuove associazioni con essi. Ci sono poi alcuni ambienti come internet i mezzi mobili dove la logica dello spot non fuzioa, per questo occorre trovare nuove modalità di coinvolgimento dei consumatori. L’advertising funded programming non deve però essere una moda bensì una strategia che si ponga come obiettivo quello di dare il senso di soddisfacimento al consumatore che guarda il programma televisivo creandogli un’esperienza rilevante. Il must è quindi essere più creativi e non utilizzare schemi già consolidati.

Igor Coccato http://www.mercatoglobale.com